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Bongo

Dopo quattro anni di tempo e sacrifici spesi senza rimpianto, ad allevare e
aver cura dei miei pappagalli, la malasorte si è accanita su di me. Da
quando ho preso in affitto un locale grande in cui ho investito i miei
pochi risparmi, per dare migliori condizioni di vita ai miei animali, ho
subito la persecuzione di un condomino che mi sta massacrando e
costringendo a vendere tutti imiei cari amici pennuti. Ma la cosa peggiore
è che tornando dopo un ricovero di 10 giorni in ospedale, ho trovato il
mio BONGO, un papagallo di Jardine, (tipo amazzone con la fronte arancione)
sempre affettuosissimo che mi aspettava, ma era un pò arruffato. L'ho
subito portato dal veterinario che ha constato la gravità, per me
inimmaginabile, del mio "cucciolo". La mattina sono tornato a riprenderlo e
a vedere se fosse migliorato, ma Bonghetto, era morto da due ore, fulminato
da una infezione, forse a causa di un colpo di freddo, che io non avevo
potuto controllare, essendo in ospedale.
E' successo sabato 18 ottobre e le lacrime continuano a scendere. La casa
è vuota e io che vivo da solo, avevo un compagno dolcissimo che divideva
la mia giornata con me e mi amava incondizionatamente, strusciandosi a me,
giocando, chiedendo coccole dalla mattina quando mi alzavo fino alla sera
quando stanco me ne andavo a dormire. Ho 46 anni e so che esistono lutti
più gravi e persone che soffrono. Non ho mai voluto fare confronti tra
una vita umana e quella di un animale, ma chi ama un animale, sa quanto
questo ti affetto e gioia ti possa dare, come gioisca, abbia paura, sia
coraggioso o triste, dividendo la vita totalmente per quanto lo permetta un
rapporto tra un uomo e un pappagallo. Sembrano parole retoriche, ma non lo
sono. E' anche difficile esprimere il dolore che provo con le persone, che
difficilmente comprendono e al massimo ti dicono "mi dispiace", senza
purtroppo capire cosa provi in questi casi. Bongo se ne è andato e io
l'ho seppellito insieme a Ciccio e Stefano, i miei due furetti dolcissimi,
ai piedi di un grande pino, nel parco della Marcigliana. Mi resta la sua
gabbia vuota che un pò per volta sto ripulendo e smontando. Mi resta il
suono del suo "Come va?...come va?" che risuona inutilmente nella mia
testa, insieme al dolore e alla solitudine che mi ha lasciato.